Quando inizi un percorso nuovo non sai mai dove ti può portare. Ci vuole motivazione, desiderio di migliorarsi, un pizzico di incoscienza. E umiltà. L’umiltà di rimettersi in gioco, di capire che dopo anni di lavoro in un campo difficoltoso e usurante, quello dell’istruzione, hai voglia di misurarti con qualcosa di diverso e soprattutto di provare a guardare il mondo e la realtà della scuola con occhi diversi.
Cambiare prospettiva, da insegnanti, non è semplice; il lavoro quotidiano e gli schemi che anno dopo anno si ripetono portano alla convinzione che, a furia di insegnare, non si ha più nulla da imparare.
Non è stato semplice togliere i panni del docente e indossare quelli del discente. Quando ho cominciato il corso davo per scontato di saper ascoltare, convinta del fatto che volesse dire aiutare l’altro a discernere cosa è giusto e cosa è sbagliato, indicando così la soluzione al problema. Col tempo ho compreso che ad ascoltare si deve imparare, si tratta di una competenza specifica che non appartiene “in automatico” a chiunque, neanche a chi lavora quotidianamente a contatto con le persone e magari ha una predisposizione personale a farlo. In particolare ne ho avuto la conferma nel momento in cui ho iniziato, nell’istituto dove presto servizio, ad operare come mentor, nel contesto del progetto contro l’abbandono scolastico previsto dal MIM e finanziato con i fondi del PNRR.
Nessuno di noi insegnanti aveva un’idea precisa di cosa fosse l’attività di mentoring, e i ragazzi si aspettavano perlopiù “ripetizioni gratis”. Nel progetto si parlava di aiuto didattico specifico o generico ed anche di “ascolto attivo”, da valutare in base alle esigenze di ciascun caso. Le indicazioni operative per i docenti erano confuse così come la definizione dell’obiettivo. Ma ciò che ha contato veramente per me in questo progetto è la percezione di essere stata utile ai ragazzi ogni volta che mi impegnavo a dare spazio alle loro riflessioni spontanee sulla scuola, sulle amicizie e anche sulle dinamiche familiari, anche quando il nostro incontro è stato focalizzato sull’utilizzo di uno schema settimanale per la gestione del tempo, utile per organizzare meglio lo studio.
Spesso, con mia grande sorpresa e al tempo stesso soddisfazione, mi sono sentita dire dai ragazzi che preferivano “parlare” piuttosto che ricevere aiuto nello studio e ciò mi ha riempita di gioia. Ascoltandoli, invece di spiegare loro qualcosa, sono stata loro vicina.
L’attività di mentoring è stata una bella opportunità per me, ne è nata una profonda riflessione sul ruolo del docente e mi ha consentito di integrare il percorso fatto con la mia professione. Oggi mi rendo conto più che mai che le competenze d’ascolto sono davvero necessarie per arrivare ai ragazzi e per stringere con loro una relazione efficace come persona oltre che come docente.
Sara Mugnai
III anno Master Gestalt Counseling, ASPIC Umbria